domenica 13 aprile 2008

Corriere. "Bosi, giro elettorale a passo di marcia"

Corriere. "Auschwitz, lontano dalla tv"


Il Volo della Memoria è partito domenica scorsa da Peretola, con un charter affittato dalla Provincia presieduta da Matteo Renzi (anch'egli presente al viaggio). Destinazione Cracovia. Destinazione Auschwitz- Birkenau, un «non luogo», come l'ha definito Nedo Fiano, classe 1925, sopravvissuto al campo di concentramento e sterminio situato a 60 chilometri dalla ex capitale polacca. Auschwitz era un «non luogo», ha spiegato Fiano domenica sera davanti a un centinaio di ragazzi delle scuole superiori della provincia fiorentina, che in totale silenzio lo hanno ascoltato mentre raccontava la sua tragica storia di prigioniero; mentre rievocava i 7 giorni e le 7 notti trascorse, da diciannovenne, all'interno di un vagone che dal campo di Fossoli, Carpi, lo trasportò ad Auschwitz assieme ai suoi genitori (che lì morirono). Assieme alla madre, «dai capelli neri e dai bellissimi occhi verdi che mi dettero un filo di speranza», e al padre, «un uomo molto formale, così formale che fu l'unico che riuscì a scendere in doppiopetto e camicia bianca da quel vagone in cui nessuno per sette giorni si era potuto lavare, dove gli escrementi il sangue e l'urina galleggiavano e si muovevano con le carrozze che ondeggiavano». Auschwitz era un non luogo, «perché non esisteva famiglia, non esisteva libertà, era un insieme di negatività». Era un non luogo in cui si diventava «compagni della morte», dove una delle prime cose che sentivi col naso, appena sceso dal treno, era il puzzo di carne bruciata, «un odore oleoso»; dove i nazisti «ci guardavano come fossimo degli insetti, con indifferenza».
Molti di questi ragazzi visitano un lager per la prima volta. Dice Riccardo Tognaccini, 21 anni, dell'Istituto Tecnico Agrario di Firenze, durante la visita ad Auschwitz: «Alla televisione magari ti avrebbero mostrato più cose rispetto a quelle che abbiamo visto oggi, ma sentire gli odori, vedere i colori, calpestare questo suolo per me ha tutto un altro valore. Se avesse nevicato, sono convinto che sarebbe stato ancora più impressionante ». Ieri, durante la visita, è stata simbolicamente deposta una corona di fiori della Provincia di Firenze (alla presenza anche del gonfalone dell'Aned), davanti al Muro della Morte dove venivano fucilati gli imprigionati, nel cortile accanto al famigerato blocco 11; corona che poi è stata lasciata sulla targa italiana del monumento commemorativo di Birkenau.
Prima della cerimonia, Fiano ha detto che «è compito di voi ragazzi diventare dei paladini di libertà». Sono loro, i ragazzi, gli spettatori che dovranno trasformarsi in attori e trasmettere agli altri la loro esperienza «che non potrete mai dimenticare». Gli studenti avevano gli occhi lucidi quando hanno visto le due tonnellate di capelli tagliati alle donne uccise nel campo, quando si sono trovati davanti le scarpe, le montature degli occhiali da vista, le protesi e i barattoli vuoti di Zyklon B, il veleno usato nelle camera a gas per uccidere più velocemente le vittime. Una ragazza, commossa, s'è dovuta allontanare a passo svelto alla vista di quei capelli scoloriti dal tempo, che venivano venduti per mezzo marco al kg e servivano per fare i tessuti. «Mamma mia, questo fa veramente impressione», dice Cosimo, 16 anni, del liceo classico Michelangiolo.
Giovanni, 17 anni, sempre del Michelangiolo, è stato «profondamente colpito da una bambola di ceramica, con la testa frantumata, mi fa pensare alla bambina del film Schindler's list, cui un ufficiale strappa di mano il bambolotto». Eppoi c'è Lorenza Cristiano, 18 anni, del liceo classico Machiavelli, che ha una storia da raccontare. Suo nonno, che pure non era ebreo, fu preso a Napoli. Era lì per studiare medicina e fu deportato a Dachau.
Durante la visita al campo, ieri Lorenza ha riempito un quaderno d'appunti, con le spiegazioni della guida. «Lo farò leggere a mia nonna», dice. È qui, ad Auschwitz, che la morte, come ha scritto Carlo Angelino, è diventata «il punto di massima vicinanza dell'uomo con Dio poiché, al pari dell'uomo, anche Dio di fronte alla potenza della morte, è impotente». Piove, e pare di sentire il poeta Paul Celan, che in Tenebrae scrive: «Noi siamo vicini, Signore, / vicini, afferrabili. / Afferrati di già, Signore, / gli uni all'Altro abbrancati, come fosse / il corpo di ciascuno di noi, / Signore, il tuo corpo. / Prega, Signore, / pregaci, / siamo vicini».
Don Renzo Rossi, che ha accompagnato gli studenti e considera questo viaggio un pellegrinaggio, dice: «Ragazzi, trovare Dio è un dono, ma voi non smettete mai di cercarlo ».

David Allegranti - 8/4/2008

Corriere. "Martini: «Cambia il clima, dobbiamo intervenire»"

L'Arno è una priorità di cui il nuovo esecutivo dovrà farsi carico — non importa chi sarà al governo. A dirlo è stato il presidente toscano Claudio Martini, che ha annunciato, intervenendo alla Conferenza della Cgil regionale, che «dalla Toscana partirà una lettera per ricordare al nuovo esecutivo le cinque priorità da realizzare assolutamente». Al primo posto c'è appunto l'Arno, «perché — ha spiegato Martini — non si possono sottovalutare i mutamenti climatici in corso». Fra gli effetti dei fenomeni climatici estremi — tra questi c'è la diminuzione delle precipitazioni — la Regione, nel novembre scorso, ha rilevato infatti la diminuzione della portata dell'Arno dell'87% a Nave di Rosano, vicino Pontassieve, rispetto alla media registrata, nello stesso mese, fra il 2001 e il 2006.
Nel decennio 1997-2006 le piogge sono diminuite del 25 per cento, pari a 5 miliardi e 576 milioni di metri cubi di acqua (la media annuale era di 22 miliardi e 124 milioni di metri cubi). È dunque importante assicurarsi, dicono i tecnici della Regione, che l'Arno rimanga «al di sopra del minimo vitale, che è quella soglia minima di portata che consente di mantenere in vita pesci e vegetali». Fondamentale è il ruolo che ricopre l'invaso di Bilancino. «Ebbene — aggiungono — ad oggi Bilancino è al minimo storico in questa stagione (il minimo storico assoluto fu nell'autunno 2007 con 41 milioni): oggi ci sono 51,21 milioni di metri cubi d'acqua, 62,10 lo scorso anno, con un calo del 17,53%. Se si pensa che il livello primaverile minimo di Bilancino per garantire il minimo vitale all'Arno è stimato in 53 milioni di metri cubi, si deve sperare nelle piogge, altrimenti sarà necessario ricorrere ai "salti mortali" per gestire la risorsa, così da accontentare tutti gli utilizzatori. Si spera comunque che le piogge consentano di "ricaricare" Bilancino quel tanto che basta, per darci tranquillità».
Per l'Arno, «ad oggi dal Governo — spiegano dalla Regione — sono arrivati 14 milioni di euro, mentre la Toscana ne ha messi 65-70». A maggio e giugno, per risolvere tutti questi problemi, si terranno gli Stati generali dell'Arno, con l'obiettivo di «completare il quadro conoscitivo sotto tutti gli aspetti, vale a dire: sostenibilità ambientale, tutela della biodiversità, rischio di frane, rischio idraulico».
Ma per salvaguardare l'Arno e il suo Bacino «occorre rivedere gli usi della risorsa con un'ottica orientata al risparmio, rivedendo e migliorandone gli usi a partire dalle grandi aziende». Il professor Giovanni Menduni, segretario generale dell'Autorità di Bacino del fiume Arno, è d'accordo con il governatore Martini. «Molto corretta la posizione del presidente — dice Menduni — perché i cambiamenti climatici impongono sfide e richiedono interventi significativi, ma purtroppo le risorse finora non sono state adeguate. Il bacino dell'Arno è l'unico di rilevo nazionale che dispone di una pianificazione completata, con una lista di cose da fare per rispondere al cambiamento climatico. Noi quindi supportiamo la richiesta del presidente».

D.A. - 5/4/2008

martedì 8 aprile 2008

Corriere. "Chi l'ha vista, la campagna elettorale?"

di DAVID ALLEGRANTI - 4/4/2008
Non c'è bisogno che l'Accademia della Crusca analizzi di nuovo il linguaggio politico-mediatico di questi ultimi due mesi, spenti, sterili e privi di fantasia, per dire che ci aspettano altri dieci giorni di stanchezza elettorale. E figuratevi che abbiamo pure rischiato il rinvio del voto, dopo la riammissione della Dc di Giuseppe Pizza alle elezioni del 13 e 14 aprile. In pubblico, sui giornali, i politici sono pronti a giurare che i gadget dei partiti vanno a ruba, che c'è la fila per partecipare alle cene di autopromozione organizzate nelle discoteche.
CONTINUA A PAGINA 6


Ma se ci parli in privato, ti raccontano che sono costretti a invitare i propri dirigenti perché non riescono a vendere i posti ai tavoli. Prendiamo il convegno organizzato ieri da Anci e Upi Toscane per un confronto «sui programmi con i candidati regionali alle prossime elezioni politiche». C'erano 27 persone, di cui 7 candidati. Epperò tutti si spacciano per «vera novità della politica italiana», una novità che dovrebbe illuminare le nostre menti appisolate, pensando che basti dirsi obamiani o sarkozisti per rappresentare, davvero, il cambiamento; pensando che «Yes we can» sia una formula magica come Hocus Pocus in grado di trasformare una politica pigra fatta da politici pigri in un prodigio di splendore ideale; pensando che il giovanilismo fatto di Ray Ban a goccia e Carle Bruni al seguito sia sostituibile a una solida tradizione liberale. Hai voglia a rispondere «Vacci te» a Beppe Grillo e ai suoi inviti populisti. Hai voglia a ripeterti, mentre stai cadendo da un grattacielo, che «fino a qui va tutto bene». Ricordate il film di Mathieu Kassovitz, «L'Odio»? «Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio». L'atterraggio stavolta si chiama astensionismo e scheda nulla, non è duro quanto l'asfalto, ma, se fra qualche giorno arrivasse in quantità sensibile, in uno Stato degno di questo nome dovrebbe fare più male di una caduta senza reti.

Corriere. "Nucleare, la conversione di Testa non contagia Realacci"

«Nella superficie si nasconde la profondità ». Ermete Realacci, presentando per la prima volta alla libreria Edison il suo libro scritto a quattro mani con Enzo Argante («L'Italia c'è», Salerno Editrice, 124 pp., euro 12), si è spinto a citare il grande filosofo Friedrich Nietzsche per lanciare il suo manifesto politico-ambientale, fatto di «efficienza energetica e riduzione dei consumi». Ed è appunto per questa «capacità di lettura orizzontale e non verticale», come ha sottolineato Argante, che il presidente della Commissione Ambiente alla Camera è stato scelto come «politico sostenibile» per discutere di sviluppo economico, salvaguardia dell'ambiente, sicurezza e solidarietà. All'incontro, coordinato dal direttore del Corriere Fiorentino Paolo Ermini, hanno partecipato, oltre agli autori del volume, anche Federico Gelli, vicepresidente della Regione Toscana e Alfredo de Girolamo, presidente di Cispel Confservizi Toscana. Proprio ieri sul Riformista, è uscita un'anticipazione del libro che Chicco Testa ha pubblicato per Einaudi («Tornare al nucleare?», 114 pp, 13,5 euro). L'ex presidente di Enel ha scritto d'aver cambiato idea sull'energia atomica. «Penso sostanzialmente – ha spiegato – che dobbiamo riaprire, a cominciare dalle nostre teste, l'opzione nucleare». E Realacci, che è presidente onorario di Legambiente, che ne pensa? «Chicco Testa, che è un amico, continua a fare notizia dopo vent'anni – ha detto ieri – per cose che ha fatto in quattro anni quando era a Legambiente. Io non ho cambiato idea sul nucleare. I problemi irrisolti continuano a essere sempre la sicurezza delle centrali e la gestione delle scorie da smaltire. Poi bisogna anche spiegare bene che il nucleare non è conveniente dal punto di vista economico. Diventa conveniente solo se si occultano una parte dei costi. Faccio presente che negli Stati Uniti dopo Chernobyl non è stata ordinata nessuna centrale. In Europa solo la Finlandia ne ha ordinata una, accollandosi però i costi di smaltimento. Pur non demonizzando il nucleare, sono piuttosto a favore dell'energia eolica». Secondo Federico Gelli, Realacci fa politica antisistema, ma in maniera intelligente: «Quello di Realacci è un modo di fare antipolitica, ma non alla Beppe Grillo. E lo fa in maniera concreta, con gli strumenti della soft economy, del Piq, prodotto interno di qualità, e della Fiera campionaria della qualità». Ieri Realacci, che è pure candidato alla Camera nella circoscrizione Toscana, ha annunciato il via all'iter per l'approvazione della delibera Cipe, Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, che stanzia oltre tre miliardi di euro per il «Programma straordinario nazionale per il recupero economico produttivo di siti industriali inquinati » e che permetterà la bonifica e la reindustrializzazione dell'area di Piombino.

David Allegranti - 2/4/2008

giovedì 3 aprile 2008

Corriere. "Agricoltura o economia, Verdini studia da ministro"

Denis Verdini ministro nell'eventuale prossimo governo di centrodestra. La palla l'ha lanciata il direttore del Giornale della Toscana, Riccardo Mazzoni, candidato alla camera per il Pdl. In un'intervista pubblicata dal Corriere di Firenze (domenica 30 marzo), Mazzoni ha detto che il capo della segreteria politica del coordinamento nazionale di Forza Italia «tra l'altro farà il ministro». Il diretto interessato, al cellulare, smentisce: «Mazzoni — dice Verdini, già coordinatore di Forza Italia toscana e ora leader regionale del Popolo della Libertà, al Corriere Fiorentino —
ha voluto farmi un complimento per tutto il lavoro svolto in questi anni. Ma al momento non c'è notizia. Prima di mettere il carro davanti ai buoi, bisogna vincere le elezioni». È ovvio che un tipo pragmatico come Verdini giudichi infondate le voci di corridoio, ma è anche vero che in questo momento chiunque al suo posto metterebbe mano ai cornetti rossi.
Epperò, fanno notare da dentro Forza Italia, quando il direttore del Giornale parla, lo fa perché è bene informato. «Fino a oggi — spiegano gli italo forzuti — Verdini è stato dato in pole per tre ministeri: prima Economia e poi Infrastrutture. L'altra sera, a una cena, ad amici lo stesso Verdini avrebbe detto che gli piacerebbe fare il ministro delle Politiche agricole».
Altre voci interne al partito dicono però che, dopo le elezioni politiche del 13 e 14 aprile, DV «potrebbe essere papabile per un incarico organizzativo dentro il Popolo della Libertà. Anche perché — spiegano ancora — Verdini è uno fatto a modo suo, è uno che non si accontenta. Magari se gli offrono una poltrona da sottosegretario, ci sta pure che la rifiuti».
Un altro forzista, Angelo Pollina, vicepresidente del Consiglio regionale e grande amico dell'editore del Giornale della Toscana nonché consigliere delegato del Foglio di Giuliano Ferrara, dice di essere molto contento «anzi felicissimo», dell'ipotesi ministeriale.
Anche lui non esclude la voce secondo la quale Verdini starebbe studiando per il dicastero dell'Agricoltura. «Ma io lo vedrei bene anche all'Interno o alle Attività produttive. Ritengo che, a parte qualche sbaglio che può capitare a tutti gli uomini politici, Verdini abbia fatto un grande lavoro a livello nazionale. Quindi si meriterebbe il ministero ».
Massimo Parisi, braccio destro del presidente del Credito Cooperativo Fiorentino e candidato alla Camera per il Popolo della Libertà oppone un secco «no comment».
Dice al Corriere Fiorentino:
«È ancora troppo presto per parlarne. Bisogna anche tenere conto che il nuovo governo avrebbe meno ministri (Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi, in un'intervista rilasciata al Sunday Times ha detto che "ce ne potrebbero essere anche solo dodici in tutto", ndr) rispetto alla pletora di incarichi che ha caratterizzato quello di centrosinistra. Ovviamente, speriamo che nel governo del Pdl la Toscana verrà adeguatamente rappresentata».
David Allegranti - 1/4/2008

Corriere. "Aeronautica, una cerimonia con gli occhi al cielo"

Al Piazzale Michelangelo, erano le 11 e 45 quando gli Aermacchi MB339 Pan hanno solcato, per due volte, l'azzurro cielo fiorentino, lasciandosi dietro la scia di fumo verde bianco e rossa più lunga che si sia mai vista. In perfetta sincronia, le Frecce Tricolori sono passate proprio mentre il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano stava lasciando il piazzale. Questo il suggello alla mattinata di celebrazioni per l'85esimo anniversario della fondazione dell'Aeronautica militare, durante la quale Napolitano ha conferito tre decorazioni al valore a tre reparti operativi della Forza Armata.
Che sono: il Reparto Mobile di Supporto di Villafranca (Cavaliere Ordine Militare d'Italia), il 15˚ Stormo di Pratica di Mare (medaglia d'oro al valore aeronautico) e la 46esima Brigata Aerea di Pisa (medaglia d'oro al valore civile). Firenze non è stata scelta per caso: 70 anni fa nacque qui l'istituto di scienze militari aeronautiche, meglio noto come Scuola di Guerra Aerea. Al microfono installato sul piazzale si sono alternati il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini, quello dell'Aeronautica, generale Daniele Tei, il comandante dell'Istituto, generale Settimo Caputo, e il ministro della Difesa Arturo Parisi. «Oggi, a 85 anni dalla sua costituzione — ha detto il ministro — l'Aeronautica è più forte che mai. È forte per il retaggio delle sue tradizioni di capacità e valore, è forte per la passione, la professionalità e l'umanità dei suoi uomini e delle sue donne, è forte per il coraggio, la lealtà e l'abnegazione con i quali serve le Istituzioni e la Nazione». L'Arma Azzurra, oltre a difendere lo spazio aereo entro i confini italiani, opera anche in teatri di guerra come l'Afghanistan e l'Iraq.
«Questa è una giornata di festa — ha detto Camporini — che ci consente di pensare al passato per essere pronti al futuro. Il passato è molto diverso dal futuro, dobbiamo essere molto lungimiranti e intelligenti per essere all'altezza delle prossime sfide ». A proposito dei fondi destinati alle Forze Armate, il generale Tei ha spiegato che «con gli ultimi due anni siamo riusciti a cambiare un trend che era stato leggermente in discesa negli ultimi 5-6 anni. Diciamo che abbiamo messo il muso sopra l'orizzonte: per usare un termine aeronautico ci siamo tolti dalla picchiata e siamo tornati su». Quanto allo sviluppo di alcuni basi toscane, come quella di Pisa e Grosseto, ha aggiunto, «non ci sarà alcun accenno di chiusura preconcetta». In merito all'incremento di mezzi all'Aerobrigata pisana, il generale ha detto: «L'aerobrigata sta avendo uno sviluppo notevole e arriverà a raggiungere la completezza operativa».
Ad applaudire Giorgio Napolitano anche tanti bambini. Abbiamo chiesto loro che cosa li abbia emozionati di più, se la vista delle Frecce Tricolori o del Presidente. «Le Frecce Tricolori, le Frecce Tricolori», hanno ripetuto gli alunni della scuola Colombo. Ci ha pensato la loro maestra con un'occhiata a correggerli: «Tutti e due, tutti e due».

David Allegranti - 1/4/2008

mercoledì 2 aprile 2008

Corriere. "Dimmi che italiano usi e ti dirò di che partito sei"

C'è un italiano parlato e uno scritto, e questo è noto. Ma ce n'è anche uno più politico-mediatico, usato da candidati, giornali radio e tivvù. È quello che l'Accademia della Crusca ha analizzato in una ricerca sul linguaggio della campagna elettorale del 2006, pubblicata poche settimane fa in un pregevole volume dal titolo «L'italiano al voto».
Turpiloqui, neologismi, slogan pubblicitari, acronimi e anglicismi hanno costituito l'alimento della «bulimia mediatica» — così la definiscono gli autori — e dell'emotività proprie delle ultime elezioni politiche. Elezioni in cui il messaggio pubblicitario, coi suoi consolidati principi di marketing, ha spadroneggiato fra gli esperti di comunicazione politica, checché ne dicano i vari responsabili della propaganda elettorale.
Nel complesso, rileva la seconda parte del tomo di 612 pagine, curata da Chiara Panzieri, la lingua della politica italiana riflette la crisi della politica stessa e della sua classe dirigente, quella contro cui, negli ultimi mesi, si è scagliato il blog di Beppe Grillo, anch'esso studiato dalla Crusca.
Una decadenza linguistico-politica che si presenta in molti modi, spiegano i linguisti: nella semplificazione sintattica e lessicale, nella ripetitività metaforica, nello schematismo delle contrapposizioni semantiche, nella spettacolarizzazione dei contrasti, nell'uso eccessivo di numeri e tecnicismi. E se il centrodestra è apparso più emotivo rispetto al 2001 (passato dal galateo berlusconiano del «mi consenta» all'insulto del 2006 verso i «coglioni che votano per il proprio disinteresse»), il centrosinistra guidato da Prodi sembra essere stato più moderato nei toni. Largo l'uso di termini economico-finanziari (il politichese è tramontato a favore dell'economichese, ecco un altro neologismo testé inventato per gli amici della Crusca), spesso mutuati dall'area anglosassone: dual income tax, due diligence, fiscal drag, cuneo fiscale, plusvalenze, quoziente di reddito familiare e quoziente familiare.
Non è mancata la metafora sportiva, fatta di catenacci, big match, schemi a tre punte, contropiedi e tempi supplementari. E l'italiano al voto non può non passare anche attraverso la Rete: tre saggi sono appunto dedicati alla comunicazione internettiana. Può sembrare incredibile, ma nell'epoca della riproducibilità telematica, i partiti ancora non sfruttano «la vera potenzialità… di impiegare Internet per un confronto diretto col proprio bacino elettorale».

David Allegranti - 30/3/2008

martedì 1 aprile 2008

Corriere. "L'ultima tentazione: un aiutino a sinistra"

Sembra essere davvero un'«alternativa un po' spericolata », come l'ha descritta Stefano Manichini su Europa. Così spericolata che in Toscana la Sinistra Arcobaleno e il Partito Democratico glissano e si appellano alla coerenza politicamente ultracorretta. In sostanza: chissenefrega dell'aiutino. Il problema nasce dalla legge elettorale, il così detto «Porcellum». Il direttore di uno dei due quotidiani vicini al Pd (l'altro è l'Unità), ha proposto ai democrat di aiutare la sinistra arcobaleno e l'Udc a raggiungere il quorum al senato nelle regioni dove Berlusconi è svantaggiato. Il Senato infatti, come ha dimostrato la scorsa legislatura, è la chiave di volta della stabilità parlamentare.
La Toscana elegge 18 senatori. Il Pd, in una terra sicura come la nostra, avrebbe comunque 10 senatori, sia se prendesse oltre 800 mila voti (40%) sia se superasse il milione di voti (oltre il 55%). Complessivamente però il risultato del centrosinistra dipende dal risultato della Sinistra Arcobaleno. Se la sinistra pacifista prendesse quasi 500 mila voti (22%), le toccherebbero ben 3 senatori. Se invece ottenesse 150 mila voti (7%), potrebbe avere soltanto un senatore. In sostanza: alcuni elettori di W., in ottica utilitaristica, potrebbero barrare il simbolo dell'Arcobaleno per aiutare Bertinotti a superare il quorum dell'8% e diminuire la quota destinata al Pdl. Idea che per altro anche il manifesto di Firenze aveva descritto qualche giorno fa.
Nel centrosinistra toscano però, alle invocazioni al voto utile e a quello disgiunto, prevale l'appello al Presidente della Repubblica. Dice Riccardo Nencini (Ps): «Mi appello a Napolitano, garante della Costituzione, perché l'articolo 48 della nostra Carta fondamentale non sia calpestato». E aggiunge: «Tra appelli al voto utile e organizzazione del voto disgiunto si rischia di privare il cittadino della sua libertà fondamentale a scegliere consapevolmente ed autonomamente i partiti da votare».
Anche Vannino Chiti, ministro per i Rapporti con il Parlamento (Pd), è sulla stessa lunghezza d'onda: «Io chiedo un voto per il Partito democratico alla Camera e al Senato, perché sono convinto che il Pd abbia la possibilità di vincere le elezioni. Bisogna conquistare quel 30% di indecisi da cui dipenderà il risultato delle elezioni ». L'onorevole Valdo Spini (Ps) è quello che reagisce più positivamente alle ipotesi del voto disgiunto. «Se queste voci sono vere — dice — è tutta acqua al mulino del Partito socialista. Ritengo però che abbia ragione il Presidente Napolitano. Non esiste un voto inutile, esso è utile rispetto a chi lo dà e non rispetto a chi lo riceve. Aggiungo anche che se il nostro partito dovesse ottenere un risultato importante, superando la soglia di sbarramento, allora dopo le elezioni si potrebbe iniziare a pensare una nuova forza politica, che potrebbe chiamarsi Partito dei democratici e dei socialisti ».
Fra tanta saldezza politica, viene da chiedere all'inventore dell'«aiutino», Menichini, che reazioni ha avuto. «Dentro il Pd — spiega — l'idea da noi lanciata non viene coltivata. Sia ben chiaro però che noi non abbiamo dato un'indicazione di voto, ci siamo limitati a porre in evidenza una cosa di cui nelle stanze dei bottoni si discute sottovoce. La nostra è un'operazione giornalistica, che vuol mettere in evidenza una verità, e cioè che bastano pochi voti per far perdere seggi al Pdl». Il politologo Gianfranco Pasquino, però, che accusa Menichini «di essere un copione, perché ne avevo già scritto io dieci giorni fa», rivendica la primogenitura del voto disgiunto. Dice il professore, che risponde al telefono mentre sta preparando un risotto e non ha molto tempo da dedicarci: l'unico «voto utile » (a ridurre le probabilità di vittoria di Berlusconi al Senato) è «votare Pd alla Camera e Sinistra arcobaleno al Senato. Così farò in Emilia Romagna e così mi auspico che le persone di sinistra facciano in Toscana ».
Ma torniamo in Toscana. L'ex segretario della sinistra giovanile Patrizio Mecacci (Pd) è sulla linea Chiti. Spiega: «È una questione di coerenza. Restiamo convinti che la sfida sia vincere in Toscana, portando acqua anche nelle regioni dove la sinistra tradizionalmente è in vantaggio. Più che discutere del voto disgiunto, bisogna combattere l'astensionismo, aumentando il numero degli elettori. Il dibattito in corso, complice, beninteso, la sciagurata legge elettorale, diminuisce la chiarezza del voto ». Anche Niccolò Pecorini, segretario del Prc toscano è molto istituzionale: «Io la penso come il presidente Napolitano. Tutti i voti sono utili. La favola secondo cui ci sono voti utili e inutili si sta svelando un inganno. Quanto al voto disgiunto, se gli amici del Pd decidono di votarci, meglio tardi che mai. Però rivendico il voto a sinistra, perché noi siamo la vera alternativa. Non è obbligatorio arruolarsi nel-l'esercito di Veltrusconi».

David Allegranti - 29/3/ 2008

Corriere. "Meucci: da San Frediano alla conquista del mondo. Con un telefono"

Quasi duecento anni fa, il 13 aprile 1808, nasceva a Firenze Antonio Meucci, l'inventore del telefono, una delle più grandi personalità scientifiche del XIX secolo. Vasto il programma delle celebrazioni, che sarà presentato l'8 aprile al Teatro della Pergola e che ha preso vita grazie al Comitato Nazionale per le manifestazioni per il bicentenario, nato grazie alla facoltà di Ingegneria dell'Università di Firenze.
Le manifestazioni si articolano in due parti; la prima (fino a giugno) intende ricordare la figura e l'opera del grande sanfredianino e offrire un momento di riflessione sul destino delle telecomunicazioni, mentre la seconda (settembre 2008-aprile 2009) è dedicata a iniziative per gli studenti delle scuole medie superiori e delle università della Toscana. Sempre alla Pergola, il 12 aprile, va in scena «In sua movenza è fermo », visita-spettacolo agli spazi nascosti del teatro: in omaggio a Meucci sarà di nuovo funzionante l'antica forgia con cui venivano costruiti i celebri «martelli da macchinista».
Il 13 aprile iniziano i festeggiamenti ufficiali, con la commemorazione nella casa natale, in via dei Serragli 44. Nella stessa giornata sarà apposta una targa in via Pellicceria, mentre a New York, al Garibaldi-Meucci Museum di Staten Island si terrà una cerimonia nell'ambito del mese della cultura italiana. Il 15, manifestazione di apertura nell'Aula Magna del Rettorato dell'Università di Firenze. Intervengono: Franco Angotti, Cesare Angotti e Giuseppe Pelosi. A fine giornata sarà proiettato il video «Antonio Meucci inventore», tratto dal ciclo «La Storia siamo noi» condotto da Gianni Minoli. Il 17 aprile sarà invece inaugurata la mostra «Scene dell'ingegno: la Pergola di Firenze ai tempi di Antonio Meucci, tra storia e tecnica » (in quegli anni in cui il progresso tecnico al servizio del palcoscenico faceva passi da gigante, Meucci lavorava al teatro come macchinista). L'esposizione offre un viaggio nell'evoluzione della scenotecnica ottocentesca. Ma gli appuntamenti in onore di Meucci non finiscono.
Il 18 aprile il convegno organizzato dalla Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Ingegneria (Copi) e dall'Università di Firenze, al Salone degli Scheletri del Museo di Storia Naturale, in via Romana 17. Interverranno Giorgio Dragoni, Gabriele Falciasecca, Adriano Morando, Sigfrido Leschiutta. Dal 15 al 25 maggio il Museo di Storia Naturale organizza un percorso didattico sui luoghi del sapere tecnico-scientifico nella Firenze di primo Ottocento. Il 16 maggio, altro convegno, su «Comunicare nella Toscana degli anni giovanili di Antonio Meucci».
E ancora: il 20 e 21 maggio Paolo Galluzzi e Simonetta Soldani coordineranno una manifestazione su scienza e tecnica ai tempi dell'"ingegnere" fiorentino. Parleranno, fra gli altri, Luciano Segreto, Riccardo Ventrella, Cosimo Ceccuti. Il 16 giugno gran finale della prima parte del programma: convegno nell'aula magna del Rettorato in piazza S. Marco coordinato da Enrico Del Re e Roberto Zaccaria, sul futuro delle telecomunicazioni.
David Allegranti - 28/3/2008