domenica 13 aprile 2008

Corriere. "Auschwitz, lontano dalla tv"


Il Volo della Memoria è partito domenica scorsa da Peretola, con un charter affittato dalla Provincia presieduta da Matteo Renzi (anch'egli presente al viaggio). Destinazione Cracovia. Destinazione Auschwitz- Birkenau, un «non luogo», come l'ha definito Nedo Fiano, classe 1925, sopravvissuto al campo di concentramento e sterminio situato a 60 chilometri dalla ex capitale polacca. Auschwitz era un «non luogo», ha spiegato Fiano domenica sera davanti a un centinaio di ragazzi delle scuole superiori della provincia fiorentina, che in totale silenzio lo hanno ascoltato mentre raccontava la sua tragica storia di prigioniero; mentre rievocava i 7 giorni e le 7 notti trascorse, da diciannovenne, all'interno di un vagone che dal campo di Fossoli, Carpi, lo trasportò ad Auschwitz assieme ai suoi genitori (che lì morirono). Assieme alla madre, «dai capelli neri e dai bellissimi occhi verdi che mi dettero un filo di speranza», e al padre, «un uomo molto formale, così formale che fu l'unico che riuscì a scendere in doppiopetto e camicia bianca da quel vagone in cui nessuno per sette giorni si era potuto lavare, dove gli escrementi il sangue e l'urina galleggiavano e si muovevano con le carrozze che ondeggiavano». Auschwitz era un non luogo, «perché non esisteva famiglia, non esisteva libertà, era un insieme di negatività». Era un non luogo in cui si diventava «compagni della morte», dove una delle prime cose che sentivi col naso, appena sceso dal treno, era il puzzo di carne bruciata, «un odore oleoso»; dove i nazisti «ci guardavano come fossimo degli insetti, con indifferenza».
Molti di questi ragazzi visitano un lager per la prima volta. Dice Riccardo Tognaccini, 21 anni, dell'Istituto Tecnico Agrario di Firenze, durante la visita ad Auschwitz: «Alla televisione magari ti avrebbero mostrato più cose rispetto a quelle che abbiamo visto oggi, ma sentire gli odori, vedere i colori, calpestare questo suolo per me ha tutto un altro valore. Se avesse nevicato, sono convinto che sarebbe stato ancora più impressionante ». Ieri, durante la visita, è stata simbolicamente deposta una corona di fiori della Provincia di Firenze (alla presenza anche del gonfalone dell'Aned), davanti al Muro della Morte dove venivano fucilati gli imprigionati, nel cortile accanto al famigerato blocco 11; corona che poi è stata lasciata sulla targa italiana del monumento commemorativo di Birkenau.
Prima della cerimonia, Fiano ha detto che «è compito di voi ragazzi diventare dei paladini di libertà». Sono loro, i ragazzi, gli spettatori che dovranno trasformarsi in attori e trasmettere agli altri la loro esperienza «che non potrete mai dimenticare». Gli studenti avevano gli occhi lucidi quando hanno visto le due tonnellate di capelli tagliati alle donne uccise nel campo, quando si sono trovati davanti le scarpe, le montature degli occhiali da vista, le protesi e i barattoli vuoti di Zyklon B, il veleno usato nelle camera a gas per uccidere più velocemente le vittime. Una ragazza, commossa, s'è dovuta allontanare a passo svelto alla vista di quei capelli scoloriti dal tempo, che venivano venduti per mezzo marco al kg e servivano per fare i tessuti. «Mamma mia, questo fa veramente impressione», dice Cosimo, 16 anni, del liceo classico Michelangiolo.
Giovanni, 17 anni, sempre del Michelangiolo, è stato «profondamente colpito da una bambola di ceramica, con la testa frantumata, mi fa pensare alla bambina del film Schindler's list, cui un ufficiale strappa di mano il bambolotto». Eppoi c'è Lorenza Cristiano, 18 anni, del liceo classico Machiavelli, che ha una storia da raccontare. Suo nonno, che pure non era ebreo, fu preso a Napoli. Era lì per studiare medicina e fu deportato a Dachau.
Durante la visita al campo, ieri Lorenza ha riempito un quaderno d'appunti, con le spiegazioni della guida. «Lo farò leggere a mia nonna», dice. È qui, ad Auschwitz, che la morte, come ha scritto Carlo Angelino, è diventata «il punto di massima vicinanza dell'uomo con Dio poiché, al pari dell'uomo, anche Dio di fronte alla potenza della morte, è impotente». Piove, e pare di sentire il poeta Paul Celan, che in Tenebrae scrive: «Noi siamo vicini, Signore, / vicini, afferrabili. / Afferrati di già, Signore, / gli uni all'Altro abbrancati, come fosse / il corpo di ciascuno di noi, / Signore, il tuo corpo. / Prega, Signore, / pregaci, / siamo vicini».
Don Renzo Rossi, che ha accompagnato gli studenti e considera questo viaggio un pellegrinaggio, dice: «Ragazzi, trovare Dio è un dono, ma voi non smettete mai di cercarlo ».

David Allegranti - 8/4/2008

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