mercoledì 2 aprile 2008

Corriere. "Dimmi che italiano usi e ti dirò di che partito sei"

C'è un italiano parlato e uno scritto, e questo è noto. Ma ce n'è anche uno più politico-mediatico, usato da candidati, giornali radio e tivvù. È quello che l'Accademia della Crusca ha analizzato in una ricerca sul linguaggio della campagna elettorale del 2006, pubblicata poche settimane fa in un pregevole volume dal titolo «L'italiano al voto».
Turpiloqui, neologismi, slogan pubblicitari, acronimi e anglicismi hanno costituito l'alimento della «bulimia mediatica» — così la definiscono gli autori — e dell'emotività proprie delle ultime elezioni politiche. Elezioni in cui il messaggio pubblicitario, coi suoi consolidati principi di marketing, ha spadroneggiato fra gli esperti di comunicazione politica, checché ne dicano i vari responsabili della propaganda elettorale.
Nel complesso, rileva la seconda parte del tomo di 612 pagine, curata da Chiara Panzieri, la lingua della politica italiana riflette la crisi della politica stessa e della sua classe dirigente, quella contro cui, negli ultimi mesi, si è scagliato il blog di Beppe Grillo, anch'esso studiato dalla Crusca.
Una decadenza linguistico-politica che si presenta in molti modi, spiegano i linguisti: nella semplificazione sintattica e lessicale, nella ripetitività metaforica, nello schematismo delle contrapposizioni semantiche, nella spettacolarizzazione dei contrasti, nell'uso eccessivo di numeri e tecnicismi. E se il centrodestra è apparso più emotivo rispetto al 2001 (passato dal galateo berlusconiano del «mi consenta» all'insulto del 2006 verso i «coglioni che votano per il proprio disinteresse»), il centrosinistra guidato da Prodi sembra essere stato più moderato nei toni. Largo l'uso di termini economico-finanziari (il politichese è tramontato a favore dell'economichese, ecco un altro neologismo testé inventato per gli amici della Crusca), spesso mutuati dall'area anglosassone: dual income tax, due diligence, fiscal drag, cuneo fiscale, plusvalenze, quoziente di reddito familiare e quoziente familiare.
Non è mancata la metafora sportiva, fatta di catenacci, big match, schemi a tre punte, contropiedi e tempi supplementari. E l'italiano al voto non può non passare anche attraverso la Rete: tre saggi sono appunto dedicati alla comunicazione internettiana. Può sembrare incredibile, ma nell'epoca della riproducibilità telematica, i partiti ancora non sfruttano «la vera potenzialità… di impiegare Internet per un confronto diretto col proprio bacino elettorale».

David Allegranti - 30/3/2008

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