sabato 1 marzo 2008

Corriere. "Il ring eccellente delle europee"

Ha tutto ciò che occorre per autoinvitarsi (quasi) ovunque. Massì, pure al Parlamento europeo. Il cellulare fico, un Motorola V3, il sorriso sornione e quell'aria da cinquantenne che non vuole invecchiare, in giacca e camicia sbottonata, senza cravatta. Leonardo Domenici, manco fosse un Baricco qualunque, di recente ha anche scoperto la boxe, passione che gli è stata trasmessa da giovane dal nonno pugile.

SEGUE DALLA PRIMA
L'autocandidatura è arrivata a mezzo stampa. In un'intervista a Repubblica (23 febbraio), LD ha parlato del suo futuro politico-elettorale. Alla domanda se Claudio Martini, che vorrebbe presentarsi in Europa, possa stare tranquillo, il sindaco ha detto che il governatore «è un vero amico, fra me e lui mai stati problemi. Lui però scade nel 2010 mentre le elezioni europee arriveranno nel 2009».
E ha aggiunto, per non lasciare dubbi: «Quella europea potrebbe essere una bella esperienza. D'altra parte si può contribuire al Pd da Bruxelles, da Roma o anche da Firenze». D'altra parte, il centrosinistra rischia seriamente di perdere le elezioni politiche del 13 e 14 aprile. D'altra parte, il secondo mandato di Domenici scade fra dieci mesi. D'altra parte, il boxeur di Palazzo Vecchio sembra aver già esaurito un bel po' di ruoli, visto che non si può ricandidare a sindaco e che non si è candidato alla Camera né al Senato (come forse per un po' ha desiderato, anche se lui sostiene che la decisione è stata sua). I rischi sono dunque ben calcolati: LD ha fatto il sindaco per due volte di seguito, se vince Berlusconi non ci sono ministeri né sottosegretariati da occupare, chi glielo fa fare di andare in pensione a cinquant'anni?
In più, casomai volesse proporsi alla presidenza della Regione, dovrebbe affrontare parecchio fuoco amico e si ritroverebbe l'ostilità di Rifondazione. «Meglio un democristiano che Domenici », dicono i rifondaroli nei corridoi del parlamento regionale, che mai hanno digerito l'esclusione nella giunta fiorentina. Il Prc nel 2007 è invece riuscito ad ottenere un'intesa con Martini — cui piace ricordare di essere stato un sessantottino e che è certamente più vicino ai movimenti di quanto lo sia il sindaco — facendo nominare Eugenio Baronti assessore alla ricerca, all'università, alla casa. In Palazzo Vecchio no, non c'è mai stata concordanza politica fra riformisti e sinistra negli ultimi nove anni. Meglio allora finire il mandato di sindaco e partire per Strasburgo, da dove peraltro potrebbe tornare l'ex margheritico Lapo Pistelli, europarlamentare Pd e vicepresidente dell'Alde (Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l'Europa), per correre alle amministrative del 2009. Un'ipotesi che però non piace a LD.
Il paradosso di questa situazione è che il curriculum politico di Martini è più europeo di quello di Domenici: è membro del comitato delle regioni dell'UE, presidente della conferenza delle regioni periferiche marittime d'Europa, rappresentante del comitato delle regioni nella convenzione europea che ha fatto nascere la nuova costituzione dell'Unione, vicepresidente del gruppo socialista del comitato delle regioni, membro effettivo della presidenza del Partito socialista europeo, presidente del Forum delle reti delle regioni del mondo e, dalla settimana scorsa, anche presidente della commissione affari costituzionali del Comitato delle regioni.
In teoria sarebbe lui il candidato ideale all'assemblea di Strasburgo, con i suoi libri waltermondialisti, tra i quali l'ultimo, del 2005, sui mutamenti climatici, "Cambiare aria al mondo". E non è da uno come Martini che ci si aspetterebbe di sentire l'obamiano e ormai inflazionato «Yes, we can»?
Inoltre, quanto a popolarità, il governatore se la passa meglio di tanti suoi colleghi. Secondo un sondaggio di Ekma, Martini sarebbe in quinta posizione per consenso (54.6%) nella classifica dei governatori italiani, con Roberto Formigoni al primo posto (Lombardia, 61.3) e Riccardo Illy (Friuli, 59.3) al secondo. Sarebbe grottesco se alle Europee il Pd candidasse davvero Antonio Bassolino (40% di popolarità, per la cronaca).
La scelta di Domenici di non includere in giunta la sinistra movimentista si rivela però, adesso, in sintonia con la decisione veltroniana di non creare un'altra coalizione-guazzabuglio come quella guidata da Romano Prodi. La giunta di Firenze, amministrata da un dalemiano, d'un tratto s'è ritrovata più veltroniana di quella di Martini. Colpo di fortuna o abilità politica? Poco importa, a LD, che una volta definì «provinciali » i suoi concittadini per le proteste nate attorno alla tramvia e che, appunto, di tutto questo provincialismo s'è scocciato. Il boxeur di Palazzo Vecchio guarda all'Europa e sembra dire solo: toccherà al nuovo sindaco trovare un accordo con la sinistra arcobaleno. D'altra parte, scusatemi, io ho i guantoni da mettere in valigia.
David Allegranti – 26/2/2008

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