sabato 1 marzo 2008

Corriere. "Poggi, il fiorentino con tre maglie"

Un grande tifoso col cuore gigliato diviso a metà fra il cinema e il pallone; un imprenditore attaccato in maniera viscerale alla casacca viola della Fiorentina, quella bianca dei calcianti di Santo Spirito e quella biancorossa della Rondinella. Se n'è andato a 79 anni, dopo una lunga malattia, l'appassionato Ugo Poggi, che per due dolorosissimi mesi fu presidente di quella Fiorentina che retrocesse e fallì, sprofondando in serie C; era il 2002, l'anno più difficile della storia viola, l'anno del penultimo posto in campionato, l'anno che segnò la fine dell'epoca Cecchi Gori.
Un sanfredianino sanguigno, Poggi, uno che «non le mandava a dire» - come ripetono in queste ore i tifosi viola - , simbolo di un calcio che oggi non c'è più, un calcio più trasparente, con più divertimento e meno quattrini. Era così sanguigno che una volta fu pure multato dalla Lega Calcio, per aver solidarizzato troppo con gli ultrà fiorentini. I quali, in quei mesi tormentati, se ne andavano a giro con una maglietta con la scritta «indegni». «Se volete - disse lui in una trasmissione radiofonica sono pronto ad aiutarvi a distribuire le maglie ai calciatori, perché tra loro ci sono alcuni uomini, come Di Livio, ma anche alcuni stronzi». Divenne celebre, poi, il suo manrovescio al giornalista Massimo Sandrelli. E non si fece problemi a biasimare pubblicamente Nuno Gomes e Marco Rossi, quando chiesero la rescissione del contratto. «Hanno agito così - disse Poggi - per 50 milioni di lire, spero che cambino idea. Gomes è un grande giocatore, ma il suo connazionale Rui Costa una cosa del genere non l'avrebbe mai fatta».
Imprenditore cinematografico, Poggi ricoprì a lungo la carica di vicepresidente della società viola, dal '93 al 2000, dopo essere stato anche presidente della Rondinella, la seconda squadra di calcio di Firenze. Due anni dopo l'abbandono non seppe dire di no a Vittorio Cecchi Gori e sua mamma Valeria, che gli chiesero di tornare, questa volta nelle vesti di massimo dirigente. «Sarò un incosciente, ma se ho deciso di accettare l'incarico l'ho fatto per amore nei confronti di Firenze e della Fiorentina », furono le sue prime parole da presidente.
«Quando era vicepresidente, e io ricoprivo una carica importante nella società viola, stavamo molto insieme, soffrendo e gioendo per la nostra Fiorentina», ha ricordato ieri Giancarlo Antognoni ai microfoni di Radio Blu. «Ha sofferto le vicende negative della società più di altre persone, visto quanto era attaccato alla maglia viola e ne ha risentito in prima persona», ha aggiunto. Sarebbe stato facile per tanti, ma non per lui, dire a Cecchi Gori: «No, grazie». Ma non è mai stato un voltagabbana, Ugo Poggi. Per questo in tanti lo rimpiangono e dicono che è scomparso ciò che teneva insieme le due metà dell'universo pallonaro di Firenze, quello giocato all'Artemio Franchi e quello sangue e merda in piazza Santa Croce; per questo i lettori di Fiorentina. it dicono che è sparito «l'anello (ormai) mancante tra calcio e calcio storico», un «uomo che per la Fiorentina ha fatto tanto, accollandosi i problemi di una scriteriata gestione e mollando quando la barca era oramai affondata». Per questo, insomma, i sostenitori viola scrivono che era un «tifoso verace», uno che s'è sobbarcato i guai del «laureato cotonato », cioè VCG.
I funerali si svolgeranno oggi pomeriggio, alle 14, nella parrocchia di San Frediano in Cestello, in piazza del Cestello. Noi intanto lo salutiamo da queste colonne, ricordandolo sopra tutto per la sua schiettezza. Non sembri quindi una mancanza di rispetto se ci uniamo all'addio affettuoso dei tifosi su internet: «Bona Ugo».
David Allegranti - 27/2/2008

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