giovedì 27 marzo 2008

Corriere. "Il verde alla scoperta dell'Isolotto"

Il '68 cattolico L'esperienza fiorentina di Alex Langer, «costruttore di ponti» San Cristoforo era la sua icona, ma lui non resse al peso della sua «missione»

Il traghettatore verde

Dal notiziario dell'Isolotto alla Lettera di Milani «Vengo a conoscere la variegata sinistra italiana»

Un «costruttore di ponti», un «traghettatore di speranza». Fra le tante definizioni coniate per ricordare Alexander Langer, queste due sembrano le più pregnanti. Due definizioni in grado di sopravvivere, insieme ai suoi scritti, a quella corda da montagna e a quell'albero di albicocco al Pian dei Giullari, a quel definitivo gesto con cui mise fine alla sua esistenza, un giorno d'estate del 1995. Giornalista (inviato e poi direttore di Lotta continua), traduttore (conosceva cinque lingue) e insegnante, Langer è stato infatti un grande sostenitore della convivenza interetnica, nonché fra i promotori, negli anni '80, dei Verdi in Italia e in Europa. E non a caso, nel '67 fondò una rivista e la chiamò Die Brucke, il ponte. Ebbe un rapporto duraturo e intenso con la Firenze di Ernesto Balducci, Giorgio La Pira, Enzo Enriques Agnoletti, Lorenzo Milani ed Enzo Mazzi.
In quella Firenze, all'epoca del «dissenso cattolico », studiò per prendersi la prima laurea, in giurisprudenza, e incontrò tanta gente. Da La Pira, suo professore di diritto romano, al prete- operaio Auro Giubbolini, a Marianne Andre, anziana ebrea austro-boema assieme alla quale tradusse in tedesco Lettera a una professoressa.
Furono persone del genere a fargli dire «in passato ho forse imparato di più dai libri. Nei tempi più recenti mi sembra di imparare di più dagli incontri».
Langer, nato in Sudtirolo, arrivò nel capoluogo toscano dopo la maturità. «Senza molta convinzione mi iscrivo a Giurisprudenza. Con molta convinzione vado a studiare a Firenze. Ci resto intensamente dal 1964 al 1967. Meno intensamente ci starò anche nel 1968. Non me ne pentirò mai. Sono gli anni del dialogo tra cattolici e marxisti. Vengo a conoscere la variegata sinistra italiana. Scopro in particolare la sua componente popolare». Così scriveva di se stesso sulla rivista Belfagor nel marzo 1986. Nel '68, all'età di 22 anni, Langer abitò per quasi un mese nei locali della parrocchia dell'Isolotto. Un ricordo di quel-l'esperienza l'ha raccontato Enzo Mazzi nel numero che Testimonianze ha dedicato, nel 2005, al decennale della morte del politico-impolitico di Sterzing-Vipiteno (che fra le altre cose, è stato il primo presidente del Gruppo Verde all'Europarlamento, nel 1989). «Contribuì fra l'altro – ha scritto don Mazzi – a far nascere il "Notiziario della Comunità dell'Isolotto". Non si contentava di collaborare alla redazione e alla faticosa stampa col ciclostile: dopo notti insonni, alle cinque del mattino prendeva il suo pacco di Notiziari per distribuirlo alla passerella, che attraversando l'Arno unisce l'Isolotto con le Cascine».
A Firenze incontrò anche Valeria Malcontenti, che in quel periodo studiava Scienze naturali e frequentava la Federazione Universitaria Cattolica Italiana. Si sposarono nel 1985. Oggi la professoressa Malcontenti insegna all'Itc Alessandro Volta di Bagno a Ripoli. «Mio marito ha avuto un lungo e significativo legame con Firenze – ha detto lo scorso ottobre, in una delle rare occasioni in cui ha accettato di parlare del suo compagno – e io sono molto grata a Sesto Fiorentino, la prima città della Toscana che gli dedica una strada».
Era un visionario, Alex Langer, uno che propugnava una continua «conversione» come antidoto alla burocratizzazione, all'indifferenza e alla fine dell'idealismo; fra le possibili conversioni, ne indicò/invocò una ecologica. Come ha scritto Mario Lupi – oggi presidente del gruppo Verdi in Regione – su Testimonianze, «la visione per cui non ha smesso un attimo di studiare e agitarsi era quella di una società globale dominata dalla tolleranza con l'obiettivo della convivenza». Nell'ultima parte della sua vita, la guerra dei Balcani fu la tragedia che più di ogni altra occupò il suo sforzo politico e di pace. L'ultimo dolore, dopo una vita passata a proporre soluzioni per «passare – come si legge in una sua lettera a San Cristoforo – dalla ricerca del superamento dei limiti ad un nuovo rispetto di essi e da una civiltà dell'artificializzazione sempre più spinta ad una ricoperta di semplicità e frugalità», arrivò a Langer nel maggio '95, quando venne escluso dalla candidatura a sindaco di Bolzano, per aver rifiutato, in occasione dei due precedenti censimenti, la dichiarazione di appartenenza etnica. Gli scritti (1961-1995) di Alexander Langer sono stati pubblicati da Sellerio in un libro intitolato Il viaggiatore leggero. A chiusura del volume c'è appunto la lettera del 1990 a San Cristoforo, «omone grande e grosso, robusto, barbuto e vecchio », guerriero diventato traghettatore che di solito viene raffigurato mentre porta sulle sue spalle il Cristo bambino, che a ogni passo si fa sempre più pesante.
Al contrario di Cristoforo, Langer non resse il peso del mondo che si era caricato sulle spalle e ne fu sopraffatto. Nel biglietto con cui si congedò, a 49 anni, scrisse: «I pesi mi sono divenuti davvero insostenibili, non ce la faccio più. Vi prego di perdonarmi tutti anche per questa mia dipartita. Un grazie a coloro che mi hanno aiutato ad andare avanti. Non rimane da parte mia alcuna amarezza nei confronti di coloro che hanno aggravato i miei problemi. "Venite a me, voi che siete stanchi ed oberati". Anche nell'accettare questo invito mi manca la forza. Così me ne vado più disperato che mai. Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto». C'è bisogno di altri ponti e altri traghettatori per far viaggiare la speranza.

David Allegranti 26/3/2008

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