sabato 8 marzo 2008

Corriere. "Balducci, testimonianze di frontiera"

Saccardi: «Pentimento? Nostalgia? No, ci è rimasto il bisogno di maggiore giustizia»

Ribollivano le acquasantiere, a quell'epoca. Correvano i Sessanta, gli anni della lotta fra la «Chiesa che nasce dal basso» e la «Chiesa istituzionale », gli anni dell'obiezione di coscienza e dei processi per apologia di reato. Gli anni in cui uno scolopio, di nome Ernesto Balducci, promuoveva il dialogo fra laici e cattolici (dicotomia che, raccontano, lo avrebbe fatto infuriare «perché impropria»), l'incontro fra Chiesa e mondo, e si scontrava con l'arcivaticana curia di Firenze. Una curia allora così diversa dalla Chiesa fiorentina che, negli anni Cinquanta, aveva prodotto un «momento di grazia», ritenuto unico e non reiterabile. Una Chiesa in grado di fornire un modello esemplare – come ha scritto Bruna Bocchini Camaiani – «progressista sul piano politico-sociale e anticipatore del Concilio». Balducci commemorò quel periodo irripetibile a poche settimane dalla morte di Elia Dalla Costa, arcivescovo di Firenze e predecessore di Ermenegildo Florit. «Quanto a noi – scriveva lo scolopio – è certo che ricorderemo per sempre, con indicibile rimpianto, gli anni in cui la Chiesa fiorentina, in perfetta pace, offrì lo spettacolo di un vescovo come Elia Dalla Costa, di un sacerdote come don Giulio Facibeni e di un laicato come quello che ha portato, con Giorgio La Pira, la testimonianza politica dei cattolici ad un prestigio senza confronti».
Grande amico di La Pira, Balducci trovò, lungo il suo cammino, l'ostilità della gerarchia ecclesiastica, che mal digeriva il suo rapporto col «sindaco santo». Nel 1959 fu infatti allontanato da Firenze e mandato prima a Frascati e poi a Roma. Gli storici, per descrivere la condizione balducciana di quel periodo, non esitano oggi a usare la parola «esilio» (seppure edulcorata dalle virgolette). L'allontanamento gli permise tuttavia di seguire da vicino il Concilio Vaticano II, che gli dette speranza: aveva fiducia in una possibile riforma della Chiesa imperniata sul primato della Parola di Dio. Ma altri guai arrivarono nel 1963, poco dopo la celebrazione del processo a carico di Giuseppe Gozzini, il primo obiettore cattolico in Italia, quando Balducci rilasciò un'intervista al Giornale del mattino. Nell'articolo spiegava che era necessario ridimensionare un «concetto enfatico di patria» e invocava il «dovere di disobbedire » in alcuni casi. Per queste affermazioni, fu denunciato e processato. Al termine del dibattimento Balducci fu condannato per apologia di reato. L'anno dopo, nel '64, fu ricevuto da Paolo VI, cui chiese di poter tornare a Firenze. Lo scolopio riteneva ingiusta la sua estromissione. Si legge infatti in un promemoria che consegnò al Papa: «Più di cinque anni fa il cardinale Ottaviani dette ordine al mio padre generale di trasferirmi da Firenze senza offrire spiegazioni. Ho motivo di credere che tutto dipendesse dalla mia amicizia col professor La Pira, come se fossi io l'ispiratore della sua politica». Balducci non abbandonò mai l'amico professore, neanche nel periodo più difficile della sua carriera politica, cioè quando questi fu escluso dalle liste elettorali della Dc. Quando riuscì a tornare a Firenze, Balducci fu costretto a risiedere a Fiesole, fuori dunque dalla diocesi che aveva a capo Florit. Nacquero in quegli anni, complice anche il caso Isolotto, i prodromi della cosiddetta «svolta antropologica» balducciana, originata dalla delusione verso il mancato rinnovamento della Chiesa.
«Penso che la polemica non abbia mai convertito nessuno, e invece la testimonianza converte o prepara le conversioni». Ernesto Balducci credeva così tanto in queste sue parole che nel 1958 fondò una rivista e la chiamò Testimonianze – notare il plurale. Testimonianze è la sua eredità più viva; oggi diretta da Severino Saccardi, consigliere regionale del Pd, è una rivista laica, «impegnata nel dialogo tra culture e religioni, nella riflessione aperta sui grandi temi planetari dei diritti umani, del rispetto ambientale, della cooperazione, della solidarietà e della pace». In sintonia col messaggio balducciano, essa «si pone oggi in una posizione di frontiera, all'insegna della collaborazione tra credenti e non credenti». All'apice del successo promuoveva convegni di massa e aveva ventimila abbonati. Oggi, nel 2008, compie 50 anni. Ne è passato di tempo da quando, come spiega Saccardi, «gli editoriali erano collettivi e non firmati», da quando «Luciano Martini, che era direttore all'epoca, raccoglieva le opinioni di tutta la redazione. Adesso, nella nostra società segnata dall'individualismo, sarebbe impensabile». « Testimonianze – continua Saccardi – ha vita lunga, mezzo secolo di esistenza. Del '68, verso cui credo non si debba provare né pentimento né nostalgia, oggi ci rimane un'istanza di fondo, cioè il bisogno di una maggiore giustizia, un dialogo tra culture diverse e una forte esigenza di conciliare insieme spiritualità e rigorosa laicità, che oggi è merce rara. Il timbro caratteristico della rivista è appunto questo: essere formata da credenti e non credenti, da persone di confine». Un sentimento che appartiene soprattutto all'ultimo Balducci, quello della svolta appunto, quello de «L'Uomo planetario», apparso per la prima volta nel 1985 a cura delle Edizioni Camunia di Milano. Quello che, aggiunge Saccardi, «diceva che il cristiano deve essere lievito del mondo, non ponendo barriere ma favorendo il dialogo fra le culture».
«Se tu scegli di vivere facendo centro su di te, hai voglia a studiare, hai voglia a diventare un luminare universitario, un premio Nobel: non capirai niente. Se tu scegli di mettere il centro di te fuori di te, di metterlo questo centro nelle cose e nelle creature, tu hai la sapienza»: Ernesto Balducci, il teologo degli ultimi. Altro che «ubi episcopus, ibi Ecclesia».
David Allegranti - 7/3/2008

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